martedì 12 settembre 2017

RECENSIONE - Certi bambini - Diego De Silva

Hello!

Oggi vi parlo di una storia intensa e dolorosa, di cui Roberto Saviano ha scritto "Beato chi non ha ancora letto questa storia, perché ora può farlo".

RECENSIONE
CERTI BAMBINI
Diego De Silva
2001, Einaudi

TRAMA: Rosario, undici anni, un completino da calciatore nella borsa degli allenamenti, va a compiere la sua prima esecuzione di camorra al termine di un lungo tirocinio d'istruzione a uccidere. Tornando nel suo quartiere in metropolitana, ripercorre a ritroso le tappe più significative del cammino che lo ha portato fino a quel punto. E la storia di Rosario diventa il racconto di un mondo spaventoso che è il nostro mondo. De Silva racconta uno dei peggiori delitti che la criminalità contemporanea abbia scelto di commettere, il furto dell'infanzia.








Rosario di espressioni non ne ha quasi. Per la sua faccia è sempre tutto normale. Cose come la meraviglia o lo smarrimento o l'allegria o la pena o la ripugnanza non hanno presa su di lui. Rosario guarda succedere le cose fino alla fine. Si prende quello che può finché qualcuno non glielo toglie.

Ho dovuto far passare un po' di giorni prima di sedermi al computer per scrivere le mie impressioni su questo libro. Lasciar decantare un po' le emozioni, sedimentare le immagini che la lettura mi ha riportato alla memoria. Credo che leggere questo libro per chi, come me, ha vissuto tanto tempo a Napoli e, non essendoci nata, riesce a guardare con distacco ai suoi enormi problemi, abbia un effetto ancora più dirompente. Chi è nato e ha sempre vissuto in un ambiente tranquillo, pulito, nemmeno lontanamente sfiorato dall'abisso in cui invece vivono immersi i protagonisti del romanzo, chi questo abisso l'ha solo visto da lontano, una notizia come le altre in televisione, un racconto di chi questo abisso l'ha solo sfiorato e pure ne è scappato via il più lontano possibile, credo che non possa capire l'orrore che ho provato io nel leggere certe cose e sapere che è tutto vero.

Sono vere certe periferie orrende e spaventose in cui le persone normali non capitano mai se non per sbaglio, e quando accade di doverle attraversare si fa in fretta a scappare via veloci perché la desolazione, lo squallore e la rovina sono assoluti.

Sono veri certi personaggi ambigui e penosi, macchiette di quartiere degradati di questa che Curzio Malaparte definisce una "metropoli di carne", una città in cui la gente vive fuori, per strada, e fuori ama, odia, lotta, sputa, colpisce, spara.

Sono veri gli sguardi di certi bambini, come quelli della magnifica copertina del romanzo, profondi e dolorosamente perduti. Già grandi, perché in certi posti a Napoli non sei bambino mai, perché a seconda di dove nasci già si sa cosa diventerai, e molto presto, anche.

Nel libro, seguiamo Rosario, bambino non più tale di undici anni, che a undici anni ha già compiuto il percorso che porta tanti "scugnizzi" a diventare carne da macello, sfruttati e allo stesso tempo consapevoli soldati della camorra, come in "La paranza dei bambini" recentemente pubblicato da Roberto Saviano (io che non avevo avuto il coraggio di leggerlo, quel libro, sono poi incappata quasi per sbaglio in questo breve romanzo misconosciuto di De Silva, che ancora mi riporta il fiele in bocca e le lacrime agli occhi dopo averlo letto...).

La scrittura di De Silva è lucida, fredda, quasi analitica nel descrivere semplicemente i pensieri di Rosario dopo il suo primo omicidio, i suoi ricordi vaghi mentre torna in metropolitana nel suo quartiere, la pistola nascosta nella maglietta da calciatore, in una borsa sotto il sedile. Ripercorriamo insieme a lui tutti i passi che l'hanno portato là dove era inevitabile che arrivasse, tutti i dolori, gli abbandoni, le delusioni, le amicizie malate con altri bambini perduti come lui. Madri che vendono le figlie ragazzine, genitori che non ci sono e che se ci sono fanno solo male, uomini bestie che sfruttano i piccoli per i furti, che li violentano, che li trattengono a forza nel degrado umano e morale di chi non ha mai visto niente di veramente bello e quando gli capita davanti ci sputa sopra.

Povero Rosario perduto, poveri certi bambini che da quando sono nati non hanno mai avuto neanche uno straccio di possibilità ed è inutile far finta del contrario. Ci sono personaggi positivi a cui rivolgersi? Può esserci solo un prete a gridare a fronte del silenzio complice dello Stato, che in certi posti si presenta solo con la faccia di poliziotti crudeli e non molto diversi dalle bestie con cui certi bambini sono costretti ad avere a che fare? De Silva riesce, con questo suo romanzo, a farci interrogare, a far nascere un seme di dubbio: se mio figlio non è come certi bambini, è un merito? O non è piuttosto frutto del caso, che ci fa nascere in un quartiere piuttosto che un altro, in una strada piuttosto che un'altra?

Quando ho finito questo libro, a notte fonda, perché non riuscivo a staccarmi dalle pagine nette e taglienti di De Silva, mi sono alzata e sono andata a fare una carezza a mio figlio che dormiva. Avevo le lacrime agli occhi. Certi bambini, dell'età di mio figlio, che come mio figlio dovrebbero solo pensare a giocare, a sbuffare facendo i compiti di matematica e a sporcarsi la faccia di gelato al cioccolato, non hanno neanche una possibilità di salvarsi. Certi bambini non sono più bambini da tanto tempo. Certi bambini non hanno nessuno che li ama.

Eva

6 commenti:

  1. Ciao Eva, non conoscevo il romanzo, ma mi ha colpito per l'argomento trattato, davvero forte e, purtroppo, reale!

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  2. ho letto "Mia suocera beve" di De Silva, e sebbene lo abbia letto velocissimamente, non mi ha lasciato proprio niente, tanto che l'ho scambiato su Accio, alla velocità della luce

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    1. Davvero? A me invece è piaciuto molto. Non stratosferico, questo no, ma mi ha molto divertito

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  3. Ciao, ti invito a partecipare al mio GIVEAWAY, in palio una copia cartacea de "La ragazza senza ricordi" di Frances Hardinge.

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